This photo is taken by "oriol_gascon" on Flickr, Creative Commons licence
Provate ad immaginare un accampamento di tende immerso in una sconfinata savana alle luci di un tramonto africano, poniamo nella Depressione dell'Afar nel Corno d'Africa, in Etiopia, poniamo il 24 novembre del 1974.
Proviamo ad immaginare il paleoantropologo americano Donald Johanson con la sua squadra, a riposarsi dopo una giornata di intenso lavoro, ad ascoltare la musicassetta di "Lucy in the Sky with Diamonds" dei Beatles, quella sera eccitati da una scoperta sensazionale, destinata ad entrare nella storia: il ritrovamento dello scheletro fossilizzato di quella che Johanson ribattezzò Lucy.
Lucy, una donnina di 25 anni, piccola, non più alta di un metro o poco più, del peso di 28 chili. La immagino come fosse nostra nonna, anche se vissuta circa 3,2 milioni di anni fa.
Lucy è un ominide, della famiglia degli Australopithecus afarensis (australopitechi, ovvero scimmie del sud). Non era una scimmia, perchè la struttura delle sue ossa ci dice che era bipede, ma non ancora una donna come la intendiamo noi, perchè non ancora sviluppata nel genere Homo. E forse di notte per dormire saliva ancora sugli alberi, per proteggersi dai predatori della savana.
Se il suo scheletro fossile è giunto intatto per il 40% fino ai giorni nostri è perchè Lucy probabilmente morì sulle rive di una palude, forse di sfinimento dopo un lungo tragitto, e nessun predatore violò il suo corpo, inghiottita dai fanghi della palude consentendo la fossilizzazione delle sue ossa.
Ed ora Lucy, che ha residenza ad Adis Abeba al National Museum of Ethiopia, è impegnata in un tour negli Stati Uniti, dal titolo "Lucy’s Legacy: The Hidden Treasures of Ethiopia" (dal 31/8/2007 al 1/9/2008).
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