Pear (www.princeton.edu/~pear/) è un progetto scientifico poco noto, ma a mio avviso di fondamentale importanza per le conclusioni a cui, in trent'anni di ricerca, è giunto.
Pear (in inglese è il dolce frutto della pera) è l'acronimo di Princeton Engineering Anomalies Research, è nato nel 1979 all'università di Princetown, promosso dall'ingegnere (mi si permetta, collega) Robert Jahn e con la supervisione della psicologa Brenda Dunne.
Parliamo quindi di una ricerca scientifica condotta in una prestigiosa università americana, in uno dei Templi della Scienza, non frutto di ricerche non controllate o controllabili, contestabili da uomini di poca fede (in Dio), moderni Santommasi.
La ricerca è persino citata dal CICAP (Comitato Italiano per la Repressione, ehm, perdon per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale) a questo link, dove, bontà loro, affermano che è una delle poche ricerche serie sul paranormale, grazie a Dio e alla Santa Inquisizione Scientifica.
Lo scopo della ricerca del progetto Pear è verificare se la volontà umana (quindi la sua mente o coscienza) è in grado di influenzare la realtà che osserva, ovvero se la coscienza è in grado di modificare in maniera proattiva sulla materia.
La risposta è si.
Per chiarire meglio il concetto che rappresenta una rivoluzione copernicana, ovvero la caduta di un muro di radicate certezze, è che non esiste più una distinzione tra soggetto (io che osservo la realtà) e oggetto (la realtà stessa). Se io guardo la realtà, la modifico.
Questo è coerente col principio di indeterminazione di Heisenberg, Nobel per la fisica nel 1932, noto a tutti gli studenti di fisica quantistica: non è possibile misurare contemporaneamente posizione e quantità di moto (ovvero velocità per la massa) di una particella elementare, se conosco una grandezza fisica non conosco con esattezza l'altra. Perchè ? Perchè l'osservatore modifica la realtà. Lo sapevamo già.
Come ha fatto il progetto Pear a dimostrare ciò ?
Semplice, in trent'anni di osservazioni e misurazioni e calcoli statistici, ha messo di fronte ad una macchina (chiamata REG, Random Events Generator) che genera due numeri casuali, 0 e 1, tre gruppi di persone: il primo gruppo che vuole che esca 1 (nel senso che usa la volontà per far uscire quel numero) , un secondo gruppo che vuole che esca 0 , e un terzo gruppo che non vuole niente, si aspetta che il numero uscito dalla macchina sia casuale.
I dati dimostrano che esiste uno scarto significativo dalla media probabilistica : 3.18
Se io voglio che esca 1 c'è una probabilità che io influenzi l'uscita, con la mia sola forza di volontà (mente, coscienza, anima), il soggetto osservando l'oggetto lo modifica, non esiste più distinzione tra realtà soggettiva (io) e oggettiva (il mondo fisico).
Riflettendoci, le implicazioni di questa scoperta hanno conseguenze enormi, se raccolte e se indagate ancora più a fondo. Mi viene in mente che nulla di nuovo sotto il sole è emerso, se pensiamo che l'antica filosofia indiana, nella teoria non-dualistica dell'Advaita Vedanta, aveva già intuito questo millenni prima dell'arrivo della scienza.
Link per approfondire : Tesi di laurea di Silvia Salese, Università di Torino, facoltà di Psicologia,
http://www.sicap.it/merciai/psicosomatica/stuff/salese.doc
Video su YouTube del progetto Pear:
The photo above is taken by "David Reeves", on Flickr, Creative Commons licence.
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